Ho da poco finito di leggere il pamphlet di Luciano Canfora La democrazia dei signori (Editori Laterza, 2022, 88 p.). In questo libello (per dimensioni, non certo per contenuti), il Professor Canfora traccia un'analisi lucida dello stato di salute della nostra democrazia, e dell'effettivo scardinamento della Costituzione messo in atto negli ultimi decenni, dedicando particolare attenzione all'esperienza del cosiddetto «governo dei Migliori».
Sono tanti gli spunti di riflessione, e spero non me ne vorrà il Professor Canfora se, qui di seguito, riporto due brevi estratti.
Il libro tenta di mettere “in luce una questione che ha rilievo al di là delle polemiche di routine: la mutazione irreversibile del meccanismo elettorale-rappresentativo inteso, alquanto semplicisticamente, come sinonimo nonché unica forma di attuazione dell'istanza ‘democratica’. Insistere, come si usa specie negli ultimi decenni sulla asserita mancanza di alternative a tale modello non è una risposta valida né sul piano dei contenuti né tanto meno sul piano logico: una forma di assetto politico non resta ‘democratica’ anche quando il ‘demo’ se n'è andato.”
Una piccola precisazione: qui l'autore si riferisce, chiaramente, all'etimologia della parola democrazìa, che deriva dal greco δημοκρατία, composto di δῆμος (dêmos) «popolo» e -κρατία (kratìa) «-crazia» (si veda in la voce nel Vocabolario Treccani). Segue la definizione (sempre dal vocabolario Treccani): “Forma di governo in cui il potere risiede nel popolo, che esercita la sua sovranità attraverso istituti politici diversi; in partic., forma di governo che si basa sulla sovranità popolare esercitata per mezzo di rappresentanze elettive, e che garantisce a ogni cittadino la partecipazione, su base di uguaglianza, all’esercizio del potere pubblico” (mie enfasi). Se le parole hanno un senso, è lecito chiedersi se possiamo ancora parlare di democrazia quando circa la metà dell'elettorato italiano, per svariate ragioni, ha praticamente smesso di andare a votare?
A questa particolare disaffezione verso il processo elettorale, sviluppatasi nello specifico durante l'ultimo decennio, hanno contribuito sia il completo disinteresse dell'ormai «ex sinistra» nei confronti di ogni questione sociale, sia l'avvicendarsi di governi «tecnici», o per dirla meglio, imposti dall'alto (cioè dal presidente della Repubblica), non determinati dalla volontà del Parlamento, e, quindi, che non erano espressione della volontà popolare emersa, appunto, a seguito del processo elettorale.
Così, infatti, scrive Canfora sul governo Draghi: “Nell'ultimo ventennio l'UE ha avuto, sempre più chiaramente, una guida tedesca. (...) Merkel era troppo, e giustamente da un punto di vista europeo, interessata alla collaborazione con la Russia (...) la Francia non è mai stata totalmente ‘atlantica’ (...) Dunque bisognava guardare all'Italia. (...) Di qui l'opportunità di intervenire in Italia con l'operazione Draghi. Scelta accorta e posta in atto con mosse pesanti. Scelta di un «uomo di fiducia» dalle molteplici «lealtà», da porre alla testa di un esecutivo svincolato dalle fastidiose dinamiche parlamentari. Emblematico il suo motto «il governo va avanti!». I giornali, in estasi, traducono «va avanti» con «tira dritto». Manifestazione fenomenica, inequivocabile, di tutto ciò l'impressionante, orchestrata, mobilitazione mediatica a suo sostegno. Nella nostra storia post-bellica non s'era mai visto nulla di simile. Sul piano istituzionale, il trapasso è ormai consolidato: il potere legislativo è stato trasferito dal Parlamento al governo. L'esecutivo è finalmente diventato legislativo.”
Un libro che consiglio a tutti di leggere, se non altro per uscire dalla visione a monorotaia che ci è stata propinata dai mezzi di comunicazione durante l'ultimo anno e mezzo, e per maturare qualche seria riflessione.