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Jinguashi (金瓜石) e Jiufen (九份)

L'epoca d'oro di Jinguashi (金瓜石) e Jiufen (九份) è ormai lontana nel passato. Al giorno d'oggi si si sono trasformate, in gran misura, in mete turistiche. Ma, al di là dei ristoratori e dei venditori di liquori alla mandorla che cercano di adescarti da ogni lato, la storia non manca.

Il paesino di Jinguashi (金瓜石), visto dal sito dell'antica miniera.

È passato già un centinaio d'anni dal successo e dalla caduta dell'industria mineraria nell'area di Jinguashi e Jiufen. Le rovine dell'attività mineraria restano a testimonianza degli anni d'oro (è proprio il caso di dirlo) del passato, che portarono alla creazione di vere e proprie città sulla montagna.

Lo sfruttamento dell'area di Shuijinjiu (水金九, contrazione di Shuinandong, Jinguashi e Jiufen) cominciò durante il periodo coloniale giapponese di Taiwan (1895-1945). All'epoca, questa zona possedeva i depositi d'oro e rame più abbondanti di Taiwan e di tutta l'Asia orientale. La corsa all'oro attirò molte persone che sognavano un facile arricchimento, e cosi, l'industria mineraria trasformò la montagna selvaggia in una vera e propria città sulle montagne. Uno dei detti che meglio descriveva la prosperità dell'epoca era「上品送金九,次品輸台北」, ovvero “i prodotti di prima qualità si vendono a Jinjiu, i prodotti di seconda qualità si vendono a Taipei”.

Nel 1938, con un picco annuale di produzione di 2604 kg d'oro, la miniera di Jinguashi divenne la fonte del prezioso minerale più importante di tutta l'Asia.

Shuijinjiu, come Taiwan tutta, attraversò diversi periodi: l'industrializzatione giapponese, la dirigenza taiwanese, la plutocrazia giapponese, il governo nazionalista della Repubblica di Cina (il regime attualmente in vigore a Taiwan). Esplorando le rovine dell'industria mineraria, è possibile ripercorrere tutte queste tappe.

Un edificio di epoca giapponese sul sito dell'antica miniera. Oggi ospita una parte del museo dedicato all'industria mineraria di Jinguashi.
Un altro edificio tipicamente giapponese.
Una delle macchine della miniera.

Non ci sono solo gli edifici della miniera ad attirare la nostra attenzione, ma anche la vegetazione subtropicale. Mi fermo un attimo ad ammirare incuriosito un baniano con le sue radici aeree. Inoltre, nei giorni di bel tempo, come quello che mi è capitato, si gode di una meravigliosa vista sulle montagne e l'Oceano Pacifico.

Un baniano con le sue radici aeree.
La vista sulle montagne e l'Oceano Pacifico da una delle viuzze di Jinguashi.

Allontanandosi dalla miniera, e arrivando nel vero e proprio villaggio di Jinguashi, è possibile ammirare il tempio Chuen Ji (勸濟堂), dedicato al dio della guerra Guan Yu (關羽). Vi si trova un'enorme statua in bronzo raffigurante il dio stesso, nell'atto di leggere un libro. Chissà di quale libro si tratta?

La colossale statua in bronzo del dio Guan Yu (關羽) a Jinguashi. Chissà cosa starà leggendo?
Particolare di uno dei dragoni sul tetto del tempio Chuen Ji (勸濟堂) a Jinguashi.
Altre decorazioni sul tetto del tempio Chuen Ji (勸濟堂) a Jinguashi.
Scendendo dal villaggio di Jinguashi attraverso una scala colorata.

Ridiscendendo da Jinguashi attraverso una scala colorata, e proseguendo sulla strada, si raggiuge rapidamente il villaggio di Jiufen. Qui, nel 1989, venne girato il film di Hou Hsiao-hsien (侯孝賢) Città dolente (悲情城市, Bēiqíng Chéngshì), che fu il primo film taiwanese a vincere il Leone d'oro alla Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.

Vista panoramica da Jiufen sull'Oceano Pacifico.

Camminando per le strade di Jiufen, mi risuona nella testa il tema principale della colonna sonora di Città dolente, opera del gruppo giapponese S.E.N.S. Più recentemente, questo tempa è stato ripreso anche dal gruppo rock taiwanese Fire Ex. (滅火器) nella canzone City of Sadness, a sostegno delle proteste di Hong Kong nel 2019.

Camminando per le viuzze di Jiufen.
Un dragone con i suoi dragoncelli in un tempio di Jiufen.

A Jiufen è anche possibile degustare tè in una delle numerose case da tè (茶樓). Una delle più famose è la casa da tè di Amei (阿妹茶樓). Corre voce che questo edificio, con le sue lanterne rosse sospese e le sue piante rampicanti, abbia ispirato le terme de La città incantata, il film d'animazione del 2001 prodotto dallo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki. In realtà, questa diceria è già stata smentita dallo stesso Miyazaki in varie interviste, come ben ricordato qui. Tuttavia, ciò non ha impedito né alla popolazione, né all'ufficio del turismo locali, di sfruttare questa leggenda.

La casa da tè di Amei (阿妹茶樓).
L'ingresso della sala da tè di Amei.
La casa da tè di Amei, vista dalla viuzza sotto.

Un'altra sala da tè interessante è la casa da tè “degli artisti” (水心月茶坊), nella quale, oltre alla degustazione del tè, si possono ammirare varie opere d'arte e oggetti di fattura artigianale. Qui di seguito ne riporto alcune foto.

L'ingresso della casa da tè “degli artisti” (水心月茶坊).
Appena entrati nella casa da tè “degli artisti” ci viene servito, ovviamente, del tè.
L'elegante interno in legno della casa da tè “degli artisti”.
Un tavolo tradizionale per la degustazione del tè all'interno della casa da tè “degli artisti”.
Una bella collezione di teiere nella casa da tè “degli artisti”.
Una simpatica lanterna-gatto, su uno dei balconi della casa da tè “degli artisti”. Per della ragioni che ancora non ho indagato, i gatti paiono essere una presenza costante in Asia orientale.

Altro testimone dell'importanza storica di Jiufen è l'antico Teatro della pace (昇平戲院, Shēngpíng Xìyuàn). Fondato nel 1934, viene ancora utilizzato per la proiezione di vecchi film. Al momento della mia visita, veniva riproposto proprio il film di Hou Hsiao-hsien Città dolente.

Il piccolo cinema - teatro, fondato nel 1934, testimone dell'epoca d'oro.

A conclusione della giornata, torniamo alla stazione del bus per ammirare la vista panoramica da Jiufen al tramonto.

Panorama da Jiufen al tramonto.